venerdì 4 marzo 2011

Michelle Obama



Prima di partire con il progetto “Una stanza per sé”, personalmente mi sono confrontata con diverse mamme, papà, amici e amiche, ed ho naturalmente letto parecchio, un po’ su internet, un po’ sui libri. Delle letture che faccio cerco sempre di conservare qualcosa, perché so che prima o poi mi tornerà utile. L’estate scorsa leggevo “La fortuna non esiste” di Mario Calabresi. Sottotitolo: Storie di uomini e donne che hanno avuto il coraggio di rialzarsi.




Dei vari racconti mi colpì molto quello di Michelle Obama, i discorsi pubblici di cui Calabresi è stato testimone e che riporta scrupolosamente nel libro sono perle di saggezza e vere e proprie lezioni di educazione civica. Tralascio i particolari (peraltro interessantissimi) della sua storia personale, e riporto uno stralcio del discorso tenuto nel pomeriggio del 10 febbraio 2009 al Mary’s Cenetr, un centro che si occupa della salute nel quartiere di Adams Morgan, il cuore della comunità ispanica di Washington.

Un ragazzo le chiede che cosa si possa fare per migliorare la sicurezza nella comunità e racconta che qualche giorno prima un senzatetto è morto per la strada e la gente per ore è passata accanto senza fare niente. Michelle prende l’occasione al volo per fare una lezione sulla responsabilità personale: “ Il problema ha due facce: una è quello delle risorse, riguarda il sistema della giustizia e le forze dell’ordine, ma l’altra riguarda noi. Non ci possono essere leggi che obbligano le persone a fare cose giuste: non si può imporre a un papà di leggere favole al figlio o di trattare il vicino con rispetto e decenza. A fare la differenza non sono i soldi che guadagni o il diploma che hai preso, ma la scelta che fai di essere un cittadino attivo, coinvolto e responsabile. Nessun presidente e nessun sindaco possono ordinarlo, sono cose che vengono dai valori e dalla fede che abbiamo dentro. Spero che sia qualcosa di cui parlate quando venite qui, non solo di cosa avete bisogno e di chi ve lo potrà dare. Dovete chiedervi: ma cosa posso fare, che tipo di cittadino sarò, che genitore? E cosa farò la prossima volta che sarà commesso un crimine? Ci passerò accanto o chiamerò la polizia e mi farò coinvolgere?”. Stanno tutti in silenzio e fanno sì con la testa. Lei li fissa con quello sguardo di sfida che è il suo biglietto da visita, vuole lasciare il segno, stimolarli a crescere e a impegnarsi. Non molla mai. Appena entrata alla Casa Bianca ha preteso che nessuno rifacesse i letti e riordinasse la camera delle bambine, devono fare da sole ogni mattina prima di andare a scuola.
Prima di andarsene dal Mary’s Center, Michelle firma un manifesto del centro, poi si gira verso i ragazzi e, seria, li lascia con nove parole: “Ricordatevi sempre da dove siete venuti e cosa restituirete”.
(...) Ha già parlato per tre quarti d’ora, ha fatto le foto e sta salutando quando una ragazza di sedici anni le chiede a bruciapelo: “Ma perché è venuta qui ad incontrarci?”. Allora lei si ferma, torna indietro, si siede con i nove adolescenti che sono rimasti e comincia a raccontare: “Perché mi hanno insegnato che se nella vita si riceve, poi bisogna essere capaci di restituire. Perché mi hanno insegnato che devi conoscere la comunità in cui vivi, devi farne parte e impegnarti attivamente”.

Mi era sembrato allora che quelle parole suonassero come un invito, un’esortazione a metterci in gioco, a provare a realizzare quello che da troppo tempo avevamo solamente immaginato e desiderato ci fosse nel nostro paese…un posto dove i neogenitori potessero incontrarsi e fare rete. E poi, da lì, partire...
Le ho volute riportare qui oggi, perché rileggendole le ho trovate ancora una volta bellissime ed incoraggianti.

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