giovedì 2 giugno 2011

Non esiste un vascello...




Non esiste un vascello...





There is no frigate like a book


To take us land away,


Nor any coursers like a page


Of prancing potery.


This traverse may the poorest take


Without oppress of toll;


How frugal is the chariot


That bears a human soul!





Non esiste un vascello veloce come un libro


per portarci in terre lontane


nè corsieri come una pagina


di poesie che s'impenna -


questa traversata


può farla anche il povero


senza oppressione di pedaggio -


tanto è frugale


il carro dell'anima.






Emily Dickinson





Ho scelto questa poesia, regalatami da Antonella del gruppo di lettura Voci in viaggio, per saluravi in occasione della chiusura della ludoteca per la pausa estiva.


Personalmente non so quanto tempo potrò riservarmi, durante questa estate, per scrivere in questo blog. Spero di poterlo fare ogni tanto, ma temo di non averne la possibilità pratica (niente pc, niente colegamento a internet). Sarà un periodo di stacco, di riposo, di letture, di famiglia.


Sia che voi andiate da qualche parte, sia che restiate a casa, vi auguro per questa estate di poter esplorare nuovi mondi (geografici, cartacei, personali...), scoprire nuovi scrittori, coltivare nuovi progetti. E naturalmente vi auguro di di-vertirvi, nel senso etimologico della parola, ovvero di


volgere lo sguardo altrove.


Poi, a settembre, ci racconteremo.




Buone vacanze!
















martedì 31 maggio 2011

Multitasking, disoccupazione giovanile, giardini d'infanzia

Non sono una fun del multitasking. Anche se va molto di moda e spacciata come abilità di cui andar fieri. Sebbene in via di principio io possa apprezzare la capacità nelle persone di eseguire contemporaneamente più compiti, poi mi capita di verificare come nella realtà sia molto difficile riuscire ad eseguire con la dovuta precisione e diligenza quegli stessi incombenti. Sebbene in astratto non possa che apprezzare la versatilità e la capacità di adattamento ai ruoli più diversi, in concreto osservo sempre più spesso che questo prestarsi a fare più cose, questo ostinarsi talvolta a seguirne contemporaneamente più d’una, inevitabilmente conduce ad una caduta della qualità nel lavoro. E questo semplicemente per il fatto che non è possibile mantenere su più piani contemporaneamente lo stesso livello di concentrazione. Fra due attività devo scegliere quale privilegiare, a quale delle due dedicare maggiormente la mia attenzione. E comunque, agendo io su più livelli, non potrò mai conservare la concentrazione al massimo livello: la devo necessariamente dividere. E ogni divisione comporta una perdita, e ogni perdita una mancanza di qualità.
Si dice che le donne siano naturalmente più multitasking degli uomini. Avranno fatto anche degli studi, non lo so, non me intendo. A me sembra che l’essere multitasking sia più il frutto di una necessità, di un non poter fare altrimenti, per mancanza di aiuti, per mancanza di tempo. Personalmente constato che se devo occuparmi di un bambino piccolo mi è materialmente impossibile svolgere le faccende di casa, anche solo cucinare. Lo devo fare, spesso, per necessità, ma il risultato è che il tempo trascorso con il bambino è di scarsa qualità e il più delle volte quel che cucino è o bruciato, o senza sale, o stracotto. E lo stesso ragionamento lo posso applicare anche alle attività che mi trovo a dover svolgere al lavoro o nel tempo libero. Se affronto una cosa per volta il risultato sarà molto buono, talvolta eccellente. Se invece sparpaglio il mio pensiero e le mie energie su più piani, anche se alla fine dovessi riuscire a portare tutto a termine, la qualità del lavoro sarebbe mediocre.
Sento alla televisione un rapporto sull’elevato tasso di disoccupazione dei giovani italiani. Poi sento anche dire che i giovani italiani che hanno studiato e decidono di lasciare il paese per trovare il lavoro sognato all’estero hanno grandi soddisfazioni e incontrano il riconoscimento che in patria viene loro negato. In buona sostanza in Italia si allevano egregiamente cavalli di razza ma non li si fa gareggiare. Si tengono nelle scuderie a deprimersi, ad assistere a tornei da cui sono esclusi e in cui vedono correre costantemente i loro predecessori, ben contenti di non lasciare l’arena. Se a qualcuno non piace la metafora dell’allevamento equino, in quanto dal sapore troppo competitivo e disumanizzante, il concetto si può esprimere in altre parole: siamo il più grande ed efficiente giardino d’infanzia d’Europa. Cresciamo giovani intellettualmente brillanti, pieni di capacità ed inventiva, che presto si imbarcheranno su un aereo e ci saluteranno dal finestrino. Bye-bye Italia, spicchiamo il volo verso altri lidi, qui ci è impedito volare.
Cosa c’entra il multitasking con il giardino d’infanzia e la disoccupazione giovanile?

C’entra. Una persona che mi è molto vicina mi ha fatto notare recentemente un fatto. Vi è in Italia un proliferare di cariche e incarichi pubblici, semi pubblici e privati che vengono spartiti tra poche persone, per la stramaggioranza di casi ormai persone di una certa età e raramente con un cursus honorum confacente al posto ricoperto. Sindaci che sono anche nel consiglio di amministrazione della tal azienda pubblica, professori che sono presidenti della tal altra azienda e via discorrendo. Così vi sono migliaia di persone che ricoprono decine di cariche (dopo la prima tutte le altre assegnate perché già si è, prestigiosamente, da qualche parte) e che sono presenti ovunque come il prezzemolo.

Ma, mi chiedo, come fanno a seguire diligentemente tutti gli enti cui appartengono? Come fanno a dedicare loro tutta la loro concentrazione, la loro sapienza, il loro impegno? La giornata è pur fatta di ventiquattr’ore per tutti. Non essendoci né superman né wonderwoman, lo capisce chiunque che alla fine questi incarichi si risolvono in qualcosa di esclusivamente formale, cui però, guarda caso, corrisponde spessissimo anche un compenso in moneta sonante. E compenso più compenso più compenso…alla fine si creano quelle odiose rendite di posizione che oggi per un giovane che si affaccia al mondo del lavoro è impossibile scalfire.

Così, partendo dal privato, da considerazioni se volete anche di psicologia spicciola, sono giunta a considerazioni di natura sociologica. Perché questo attaccamento gerontocratico ai posti di lavoro? Perché non si rinuncia ad una poltrona in un ente pubblico che ha bisogno di far quadrare i conti e di essere efficiente sul piano dei servizi erogati al cittadino e non la si affida ad un giovane capace laureato in economia? E’ solo un esempio, ma tanti altri se ne potrebbero trovare. Chi ci guadagnerebbe? I giovani, intanto, perché troverebbero un lavoro e potrebbero realizzarsi. E poi l’Italia, la quale verrebbe guidata dal sapere e dalla competenza, beni tanto agognati ma mai così bistrattati. Una cosa è certa: alla fine il multitasking mi è ancora più antipatico di quanto già non lo fosse quando ho iniziato a scrivere.

lunedì 23 maggio 2011

Tutto quello che mi serve sapere l'ho imparato all'asilo di Robert Fulghum

L'anno scolastico sta giungendo al termine. I nostri bambini sono piccoli, frequentano la scuola dell'infanzia, alcuni di loro sono arrivati alla fine del percorso e il prossimo settembre entreranno alla scuola primaria. Sono giorni di saluti, di recite conclusive, di arrivederci, di abbracci e di ringraziamenti.

Il lavoro che fanno le insegnanti degli asili è un lavoro faticoso, impegnativo, ma fondamentale per la crescita dei nostri piccoli e non dovremmo mai dimenticarci di esprimere loro tutta la nostra gratitudine e la nostra stima. Accompagnano i nostri bambini durante tre anni importantissimi della loro infanzia, donando il loro entusiasmo, l loro competenza, il loro sorriso. Sono certa che di questa esperienza i nostri figli conserveranno nel loro cuore un ricordo tenero e luminoso.

A tutti gli insegnanti vorrei dedicare questa poesia.


La maggior parte delle cose
che devo sapere sul modo di vivere
e su quanto ho da fare,
le ho apprese
al giardino d’infanzia.
La saggezza
non l’appresi alla sommità
della montagna universitaria,
ma nel recinto dei giochi
dell’asilo. Questo ho appreso:
Condividere ogni cosa.
Essere leali.
Non offendere gli altri.
Rimettere le cose al loro posto.
Pulire dove si sporca.
Non prendere ciò che non è tuo.
Chiedere scusa quando si fa male a qualcuno.
Lavarsi le mani
Prima di mangiare. Apprendere
E pensare qualcosa;
disegnare e dipingere, cantare
e danzare, giocare e lavorare
un po’ogni giorno.
Robert Fulghum

venerdì 20 maggio 2011

Un po' ogni giorno

Qualche settimana fa ho rivisto un'amica, Annalisa, originaria di Treviso, che ora vive in Turchia, a Izmir (Smirne). Era in Italia per una decina di giorni, con il marito Luca, e i due piccoli, Niccolò di quattro anni e Silvia, di quattro mesi. Siamo usciti a pranzo ed stato veramente bello ritrovarsi per noi, e conoscersi, per i rispettivi mariti. Sono una bella coppia, serena, attiva, molto curiosa, piena di interessi. Ci siamo lasciati con un invito a raggiungerli in Turchia, invito che non so quando mai potrò onorare, spero prima che si trasferiscano nuovamente. In regalo mi ha portato un libro di Orhan Pamuk: Altri colori. Quando mi sono avvicinata a Neve di Pamuk non l’ho trovato entusiasmante, mi sembra di fare molta difficoltà a comprenderlo, lo trovo tanto lontano, come cultura, modo di pensare, modo di scrivere. E sì che è un premio Nobel…Comunque ho iniziato a leggere questa raccolta di scritti, brevi saggi, articoli, sui temi più disparati. Mi ha colpito, tra le altre, una frase:

"Perché io sia felice è necessario che ogni giorno mi occupi un po’ di letteratura".

E poi ancora:

"L’aspetto più bello del mestiere dello scrittore, se sei un autore creativo, è poterti dimenticare del mondo come fa un bambino, sentirti leggero mentre giochi felice, trastullarti con le regole del mondo come fossero giocattoli e nel frattempo sentire l’esistenza di una profonda responsabilità dietro questa infantile e libera gioia che più tardi avvolgerà completamente i lettori. Si può giocare tutto il giorno, ma sentirsi molto più seri di chiunque altro. Prendere sul serio l’essenza e l’immediatezza della vita con un’ingenuità propria dei bambini. Quando stabilisci con coraggio le regole del gioco che tu stesso organizzi, puoi sentire che i lettori saranno attratti dal fascino del tuo linguaggio, delle tue frasi e della tua storia e così ti seguiranno. Il mestiere di scrivere è la capacità di far dire al lettore: “L’avrei detto anch’io, ma non sono riuscito ad essere così bambino”. "


In queste settimane, ma in verità un po’ sempre, mi è dispiaciuto non potermi dedicare al mio diario/blog come avrei voluto. Trascrivendo i preziosi istanti dell’essere, trattenendo le emozioni del giorno, incidendo nella memoria aneddoti, dialoghi, incontri vissuti. C’è sempre uno scarto tra vita vissuta e vita narrata…Però a me pare che scrivendo della vita, le si dia in un certo quale modo un significato ulteriore, o forse le si restituisce solo un senso, il senso che lì per lì ci era sfuggito…Quanti pensieri avuti durante la giornata volano via e non torneranno mai più…talvolta annoto le idee che mi vengono, ma sono per lo più pazze idee di cose che vorrei organizzare…ma di questo fermento non rimane traccia, e un po’ me ne dispiace.

Poi c’è il desiderio di leggere, e passano giornate senza che io sia riuscita ad aprire un libro. Per molte persone questo non costituirebbe un cruccio, lo so, ma per noi abituate così, amanti della parola scritta, curiose di sapere, affascinate dalle storie e da chi le scrive, la lettura è un balsamo, no direi di più, cibo, nutrimento per l’anima…Perché, come Pamuk, anch’io per essere felice avrei bisogno di poter scrivere e di poter leggere un po’ ogni giorno…

giovedì 19 maggio 2011

Colibrì

Sono passate alcune settimane, però continuava a girarmi in testa la storiella che ci ha raccontato il Dott. Giacomo Toffol, la sera del 29 aprile, quando ci siamo salutati. Ci stavamo complimentando con lui per il suo intervento, efficace, illuminante, ricco di informazioni e spunti pratici. In particolare io mi dolevo del fatto che l’uditorio fosse alla fin fine piuttosto scarno. Lui, da gran signore, ci ha ringraziate dell’invito, dicendo (spero non solo per cortesia nei nostri confronti) che per essere un piccolo paese, per la particolarità del tema affrontato, venti persone erano in fin dei conti un bel numero. Aggiungeva di essere abituato a numeri anche più bassi. Beh, forse aveva ragione, tutto è in fondo relativo.

Ma la consolazione più grande è stata, come dicevo sopra, la storiella che ci ha raccontato accomiatandosi.

La sapete quella del colibrì?, ci fa, mentre si sistema la tracolla del portatile sulla spalla.

Beh, veramente no…

Allora, con gli occhi sorridenti, attacca:

Nella savana era scoppiato un incendio e tutti gli animali si sono messi a correre per mettersi in salvo. Il leone, le zebre, gli elefanti, tutti corrono nella stessa direzione, allontanandosi dalle fiamme che stanno ormai divampando e distruggendo tutto ciò che incontrano sulla loro strada. Ad un certo punto il leone vede un piccolo colibrì che gli viene incontro: sta volando nella direzione opposta a tutti gli altri. Gli chiede: "Perché stai andando da quella parte? Non vedi che sta arrivando l’incendio?" E il piccolo colibrì gli risponde: "Vedi cosa ho qui nel mio becco, io porto la mia goccia d’acqua".

Nei momenti di frustrazione, quando ci lasciamo prendere dallo sconforto, dal pensiero che quanto facciamo, mossi dalla passione, dalle nostre più profonde convinzioni, sia inutile o lasci ben poca traccia, può essere bello ricordare questa storiella e immaginare di essere come quel colibrì…
Perché, come recita un antico detto cinese, che ho letto nel libro Bebè a costo zero della nostra amica Giorgia,

Molte piccole cose,

fatte da molta piccola gente,

in molti piccoli luoghi,

possono cambiare la faccia della terra.

lunedì 16 maggio 2011

Il nostro prossimo spuntino serale sarà dedicato alla preparazione nonché degustazione di alcuni piatti tipici orientali!

Una mamma della Stanza, Daijin, ci avvicinerà al sapere dell’Oriente attraverso i sapori della cucina sud coreana proposti in uno stile tutto orientale

Un piccolo assaggio culturale per arricchire il piacere dello stare a tavola.



La spuntino avrà luogo il 25 Maggio 2011 ore 20:30

a casa di Marta.


Se vieni, non dimenticare di portare la tua ciotola!

INTERVISTA A GIORGIA COZZA

La visita di Giorgia Cozza, ospite a Santa Lucia di Piave sabato 7 maggio, è stata un'occasione arricchente per molti che l'anno conosciuta e ascoltata. Purtroppo non si è potuta fermare molto ed è ripartita per quel di Sondrio la domencia mattina. Tuttavia tante sono le domande che avremmo voluto farle..ma non c'è stato il tempo. Abbiamo pensato perciò di comporre una breve intervista on line per conoscerla un po' di più. Chi desiderasse mettersi in contatto con lei, lo può senz'altro fare, saremo ben liete di darvi il suo indirizzo di posta elettronica.

Buona lettura allora!


1) Giorgia, innanzitutto grazie per aver accolto con entusiasmo il nostro invito a parteciapre come relatrice ai "Per...corsi per genitori 2011" di Santa Lucia di Piave. Avremmo ancora alcune curiosità e ci piacerebbe che tu rispondessi ad alcune domande. Innanzitutto vorremmo chiederti quando ti sei avvicinata alla professione di giornalista/scrittrice.

Allora... è successo per caso. Con la mia laurea in lettere, desideravo insegnare. Italiano, latino, storia, le materie che amavo. Poi, però, conclusi gli studi ho fatto un po' di tutto - baby sitter, cameriera, barista, ecc. - tra le varie occupazioni "temporanee", c'è stata quella giornalistica presso la redazione di un giornale locale. Ho iniziato per caso, appunto. Con lo stesso spirito con cui mi ero dedicata ad altro. Poi è diventata un'occupazione fissa (a parte qualche supplenza ho abbandonato l'idea dell'insegnamento) e dopo tanti anni, sono ancora qui che scrivo...

2) Quando e perchè hai deciso di dedicarti alle tematiche materno infantili?

Correva l'anno 2005. La mia terza bambina era nata da pochi mesi quando ho inviato il mio curriculum a una rivista del settore materno-infantile. Non l'avevo detto a nessuno, perchè non pensavo mi chiamassero. E invece è andata bene e da allora collaboro stabilmente con varie riviste per future e neomamme. Un lavoro bellissimo, perchè mi dà modo di approfondire argomenti che mi interessano (l'universo della maternità e dell'infanzia... è molto bello scrivere di questi temi!) e di conoscere tantissime mamme.

3) Cosa ti ha spinto a scrivere Bebè a costo zero?

La proposta è arrivata dalla casa editrice. Mi sono presa due giorni per pensarci, perchè non mi sentivo "ferrata" a proposito di consumo critico, pubblicità ingannevole, strategie di marketing delle aziende di prodotti per l'infanzia.
Io avevo sempre scritto di altro, di bambini, di mamme, di bisogni del neonato... E così ho deciso di partire da lì. E' stata una bella occasione per imparare qualcosa di nuovo e per sfruttare quanto avevo già avevo imparato intervistando tanti esperti del settore (pediatri, ostetriche, psicologi, consulenti in allattamento) e tanti genitori. Nelle pagine di Bebè a costo zero il punto di partenza sono sempre i bambini e il loro benessere. Il consumo critico, il risparmio e le scelte eco-sostenibili vengono di conseguenza. In fondo i bimbi nascono con pochi fondamentali bisogni. Se la risposta a questi bisogni non ha il cartellino del prezzo e non inquina il Pianeta, be'... meglio, no?

4) Giorgia, tu hai tre figli: come riesci a conciliare lavoro e gestione della tua numerosa famiglia?

Quando è nato il mio primo bimbo lavoravo nella redazione di un giornale di cronaca locale, con tutti gli impegni e gli orari di una redazione di cronaca... Ho chiesto il telelavoro e ho iniziato l'avventura del lavoro da casa. I miei bambini sono cresciuti con una mamma che lavora in casa, sanno che quando hanno bisogno io ci sono, ma sanno anche che quando sono al computer o al telefono sto lavorando. Il fatto che siano in tre è di grande aiuto, giocano tra loro per ore, si aiutano anche, sicuramente sono un punto di riferimento importante l'uno per l'altra. Penso alla più piccola, lei preferisce di gran lunga giocare con i suoi fratelli... Mi invita a giocare solo quando loro non ci sono! No, ora esagero, ma diciamo che per me non è stato troppo difficile conciliare lavoro e famiglia. E quello che non riesci a fare di giorno, lo recuperi di notte (sonno permettendo :))

5) Un'ultima domanda: come vedi il ruolo del papà oggi?

Non ti dico niente di nuovo se sottolineo il fatto che con la scomparsa della famiglia allargata e della rete di sostegno che un tempo era garantita dalle donne della famiglia e del vicinato, il papà è diventato una figura molto molto importante. In quanto babbo è sempre stato importante, certo. Ma ora è, spesso, l'unico sostegno per la neomamma. Siamo chiusi nei nostri appartamenti, non sempre le famiglie d'origine sono vicine, la famiglia è tutta lì: la coppia e il bambino. La mamma contiene e accudisce il bimbo che è nato, il papà accudisce e contiene la mamma. Se non succede, i primi tempi successivi alla nascita diventano molto più impegnativi per la neomadre. E il papà perde un'opportunità. Quella di vivere "pienamente" e assaporare questi momenti della vita che sono unici e irripetibili...

Grazie Marta, un abbraccio e un saluto speciale a Una Stanza per sè!


Grazie a te Giorgia e....arrivederci a presto!