venerdì 8 aprile 2011

Nel nome del padre e nel nome della madre

Visto l'approssimarsi del 16 aprile, giornata in cui avremo ospite la dott.ssa Di Leo che terrà un incontro intitolato "Sei forte papà! Il ruolo del padre nell'educazione dei figli" vorrei lasciare qui sul blog alcune considerazioni.

Trovo sia bellissimo e giustissimo che il ruolo dei papà sia oggetto di riflessione e che sia dedicato esclusivamente a loro un intero incontro. I papà di oggi sono molto più coinvolti nella gestione dei figli rispetto ai padri di una volta, questo è innegabile ma poca è ancora la considerazione che la società offre loro. Io stessa quando dico di avre tre figli ricevo complimenti del tipo. "Oh, sei proprio brava!" ed ogni volta mi trovo a dover puntualizzare che brava proprio non sono o che comunque il menage familiare veine portato avanti anche e soprattutto da mio marito, che fin dalla nascita della nostra primogenita si è rivelato un padre eccezionale. E come lui ne ho conosciuti altri, che davvero hanno una sensibilità e un attaccamento ai proprio e agli altrui bimbi che non solo non ha nulla da invidiare alla sensibilità materna ma addirittura la supera. Eppure, socialmente parlando, tutti i meriti concernenti la prole vanno alla madre...

Il bello della nostra società è a mio parere che non ci siano caselle predefinite dove ciascuno debba necessariamente collocarsi ma che viceversa la propria organizzazione di vita, personale e familiare, è demandata alla coscienza di ciascun individuo e naturalmente agli accordi che si prendono all'interno della coppia genitoriale. Il tutto nel rispetto delle specifiche personale attitudini, delle proprie ambizioni, delle proprie capacità. Conosco madri che se non lavorassero impazzirebbero e padri che volentieri lavorerebbero meno per dedicarsi di più ai propri figli. Come del resto la dimensione lavorativa (fuori casa) è stata una novità per la donna a partire dal XIX secolo e rappresenta ancora una dimensione con cui fare i conti per tutte le ben note difficoltà di conciliazione tra lavoro e famiglia, così anche per gli uomini che decidono di diventare padri la dimensione di cura è un qualcosa da cui tradizionalmente sono stati tenuti lontani e che ora piano piano stanno cominciando a scoprire. Si accorgono che prendersi cura quotidianemente di un bimbo piccolo è un compito molto faticoso e stressante, ma che parimenti è un lavoro che offre delle soddisfazini uniche e irripetibili e soprattutto, offre la grandiosa possibilità di instaurare un rapporto con i propri figli fin dai primi mesi della loro vita fatto di fiducia, di rispetto, di affetto, di tenerezza. Ci sono padri che vogliono godersi appieno queste gioie e hanno compreso che per raggiungerle è necessario dedicare ai propri figli tanto, tanto tempo (la qualità forse forse non basta...).

Come si parla continuamente di donne e lavoro, focalizzando l'attenzione sul problema della conciliazione tra famiglia e lavoro sotto un'ottica strettamente femminile, così bisognerebbe iniziare a parlare anche del doppio ruolo con cui i padri di oggi si trovano volenti o nolenti a fare i conti. Lavorano certo tutti, ma tanti sono ben presenti in famiglia e questo richiede loro grandi energie e competenze e attenzione alle loro difficoltà. Ben vengano quindi incontri come quelli che terrà la dott.ssa Di Leo il prosismo 16 aprile.

Personalmente credo anche che dare importanza al ruolo che hanno i papà e riconoscre quanto prezioso ed essenziale esso sia contribuisca a rafforzare il loro coinvolgimento nella vita familiare, lì dove magari latita, per un motivo o per un altro. Per questo motivo mi trovo spesso a non condividere la frase, detta magari a proposito di un bambino piccolo che sta piangendo (non perchè ha fame e deve essere allattato, ovviamente):" Oh, ecco, vuole la mamma!", seguita poi dal classico gesto di piazzare il cucciolo tra le braccia materne. Ho avuto prove di quanto invece le braccia del padre possano essere, molto più frequentemente di quanto si creda, molto più rassicurante e calmanti di quelle materne, a volte stanche, nervose o pur inconsapevolmente agitate. Che faccia comodo a tanti uomini dire che un bambino abbia bisogno della mamma è chiaro, ma almeno abbiamo l'onestà di dire le cose come stanno. Siamo sinceri: è veramente vero che un bambino soffre se non sta con la sua mamma supponiamo, un paio d'ore la sera, o è una comoda scusa per non perdersi l'allenamento di calcetto? ;-)

Un'altra cosa che mi lascia perplessa e sui mi piacerebbe davvero avere un sereno confronto anche con altre mamme è la seguente. Spesso si giustificano le assenze paterne (per allenamenti o svaghi o straordinari ingiustificati) con l'assunto che l'uomo per natura ha bisogno di sfogarsi (mi fermo qui e non specifico perchè credo che il senso sia chiaro a tutti). Premesso che per fortuna la specie umana è fatta non solo di natura ma anche e soprattutto di cultura, beh, siamo davvero convinte al 100% che questa esigenza non sia propria anche di noi donne? E che la nostra troppo generosa indulgenza non faccia altro che scavare una distanza ancora maggiore tra i nostri compagni e quella dimensione di cura in cui tanto vorremmo coinvolgerli? Oppure ci va bene così, perchè non vogliamo perdere socialmente quel ruolo in cui siamo state identificate per secoli, ovvero come madri e mogli dispensatrici di cure a tutti? Quanti interrogativi sorgono, da un semplice titolo di una conferenza....

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